da_vicino_nessuno_è_lontano_progetto
Nel gennaio 2020 siamo a Londra per progettare la mostra dei trent’anni di Museo Teo e con le amiche che abbiamo coinvolto cerchiamo di trovare un terreno comune su cui confrontarci e ci focalizziamo su natura e cultura a partire dalle nostre vite (e soprattutto dalle loro). Confronti di culture, radici, fatti e luoghi della vita, città della vita, ma anche vicino e lontano sono i punti su cui ci proponiamo di lavorare per celebrare i primi trent’anni di vita e attività di Museoteo+ ai bordi del sistema dell’arte contemporanea.
Tornati a Milano, giusto il tempo di riordinare alcune idee e testi sul tema che lo scoppio virulento della pandemia ci fa presto capire che il progetto non si potrà fare, non solo nell’immediato ma anche in tempi che si riveleranno più lunghi del previsto. Il progetto resta quindi congelato, ma con delle solide basi sia teoriche che pratiche da cui ripartire, a partire proprio dalla nostra esperienza.
Il tema centrale attorno a cui si è sviluppata la
nostra ricerca sono I fatti della vita e all’interno di questa I luoghi della vita, i luoghi che viviamo e
abbiamo vissuto e in cui la nostra vita si snoda e articola, come «una rete di
linee che si intersecano», per usare le parole di
Italo Calvino, in cui fatti pubblici e privati trovano la loro armonia o
disarmonia. I fatti della vita, tra cui grande spazio hanno sesso, amore e
cibo, trovano il loro ambito, per quello che ci riguarda, principalmente
all’interno delle metropoli: siamo quindi nel territorio dell’incontro tra
natura e cultura, due concetti contrapposti, ma anche integrati, perché la
vita, e anche la nostra riflessione sulla vita stessa, si snoda lungo questi
due binari paralleli e nel contempo convergenti.
Museoteo+, che senza alcuna pretesa si definisce opera
d’arte in continua trasformazione, affronta quindi il tema degli effetti della
modernità sulla qualità della vita facendo sue, ancora una volta, le parole di
Italo Calvino «Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri,
di segni d’un linguaggio, le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti
i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di
merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi» [Le città invisibili].
I fatti degli ultimi anni hanno segnato un brusco
ritorno alla realtà. I cambiamenti climatici non hanno fermato i processi di
globalizzazione, intensificazione dello sviluppo industriale e distruzione
dell’ecosistema, favoriti anche dall’inarrestabile processo di urbanizzazione. Con l’esplosione della pandemia del cosiddetto CoronaVirus,
che ha cambiato le dinamiche della vita quotidiana con effetti devastanti
soprattutto sui più giovani, la natura sembra lanciare un nuovo monito. E anche
questo deve farci riflettere. L’invasione russa dell’Ucraina e l’avvento al governo dei postfascisti in
Italia sono solo due ulteriori tasselli del processo di trasformazione della
(ir)realtà in cui viviamo.
Nel corso del 2022 ci siamo concentrati nella curatela del progetto Anamorfosi del presente che, in forma e con modalità diverse, ha affrontato queste problematiche e
ora i concetti di vicino e lontano ricominciano a frullare nella testa,
sorretti dalla consapevolezza che sono i progetti che facciamo per il futuro a
tenerci in vita: ecco la necessità di scongelare il proposito londinese e dargli una forma
più definita.
Nel 1954 Pierre Bourdieu pose ai suoi studenti una
domanda al contempo estremamente semplice e complessa: «Faites le portrait de
votre esprit», cui nessuna traduzione rende però merito, né «picture your mind»
e nemmeno «immagina la tua mente». È la dualità mente/spirito che ci assilla a
partire dal testo di Georg Simmel La metropoli e la vita mentale.
Traduzioni successive ci parlano di Vita dello Spirito, che
sicuramente rende meglio il concetto, ma lo spirito è anima e corpo o anema
e core… sì l’uomo è cuore cervello e pancia (che rende sia
cazzo che utero). Ecco, possiamo tradurre la domanda di Bourdieu con «Parlami
di te. Cuore cervello e pancia».
L’immaginazione sociologica teorizzata da Charles
Wright Mills, ovvero immaginare soluzioni per trovare soluzioni, forse altro
non è che dare una forma all’immaginario dello spirito. Georges Didi-Huberman
ha affermato che «L’immaginazione consiste nel creare delle relazioni tra cose
che apparentemente non ne hanno»: l'immaginazione può quindi creare una
conoscenza delle cose non immediatamente percepite o permettere di cogliere una
diversa analogia, un'analogia feconda che definisce “un impensé”, un pensiero
impensato.
«Da vicino nessuno è lontano» è un primo pensiero da
cui potrebbe scaturire l’impensato. La frase è una variante di Da vicino
nessuno è normale lo storico festival che si tiene a Milano all’ex Ospedale
Psichiatrico Paolo Pini e affronta i temi del disagio e dell’«inquietudine
che ci toglie il sonno ma può renderci felici» in un mondo dove «siamo sempre
più connessi e sempre più soli».
«De perto ninguem è normal», in italiano «da vicino
nessuno è normale», è un verso della canzone Vaca profana di Caetano
Veloso. La frase è spesso erroneamente attribuita a Franco Basaglia, anche se
fu fatta propria e usata nel laboratorio di arti visive dell’ex OPP di Trieste.
Scopriamo intanto che la variante Da vicino nessuno è lontano è già stata
utilizzata dalla onlus Arché per un evento di confronto sulle
contraddizioni del nostro tempo: rifiutiamo lo straniero, ma «siamo sempre
connessi per cercare un like di amici pressoché sconosciuti». In perfetta
sintonia, ci pare.
Il racconto delle esperienze che cerchiamo di analizzare, ossia di dare forma al pensiero impensato, trova il culmine nella domanda di Bourdieu «Parlami di te». Camilla Cerea scrive su FaceBook: «Ho collaborato con il Centro Psico Sociale di Seregno, attraverso l'Istituto Italiano di Fotografia, con un corso di fotografia con il cellulare. I partecipanti attraverso la conoscenza delle tecniche base ed esercizi di creatività, sono riusciti a indagare su sé stessi, raccontando chi sono». Ecco, l’ha detto nel modo più semplice…
Pochi giorni dopo, sempre su FaceBook, la pagina Nessuno
è straniero pubblica questa foto con il titolo La creatività
dei bambini, che riassume e illustra il sia pensiero teorico che la pratica
di Camilla, poiché immaginazione e creatività sono fondamentali sia nella
creazione artistica che nell’analisi sociologica.
Primavera 2023, il MUDEC di Milano presenta la
mostra Muholi. A Visual Activist che in ogni sua immagine racconta una storia
precisa o una riflessione su un contesto sociale più ampio, mentre oggetti di
uso comune, ripresi in maniera simbolica, sono posti in un dialogo serrato con
il suo corpo, trasfigurandolo. È un ulteriore episodio dell’uso creativo del proprio
corpo e del proprio spirito, dalla
ineguagliabile sequenza di autoritratti di Van Gogh a Duchamp e Warhol. Al mercato di piazza Diaz troviamo un
ritratto di Giorgio De Chirico di Sandro Becchetti, dove l’artista parla di sé
stesso grazie allo scatto del grande fotografo. Cominciamo a pensare come
risposta alla domanda di Bourdieu anche al ritratto, all’autoritratto e persino
alla fototessera… E non è così banale come sembra.
Giugno 2023: viene presentata la 60.ma Biennale Arte
di Venezia, che si intitolerà Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere che il curatore Adriano
Pedrosa così delinea: «L’espressione Stranieri
Ovunque ha (almeno) un duplice significato. Innanzitutto vuole intendere
che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli
stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla
propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri». Si parlerà
quindi di artisti che sono essi stessi stranieri: «immigrati, espatriati,
diasporici, émigrés, esiliati e rifugiati, in particolare di coloro che si sono
spostati tra il Sud e il Nord del mondo, l’artista queer, l’artista outsider,
che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il
cosiddetto artista folk e l’artista indigeno, spesso trattato come uno
straniero nella propria terra». Come manifesto programmatico non sembra il
massimo, anche a confronto con ciò che ha scritto e realizzato Lesly Lokko nella Biennale
Architettura 2023: «Vedere contemporaneamente vicino e lontano è anche, per dirla con Du
Bois e Fanon, una forma di doppia coscienza, il conflitto interno di tutti i
gruppi subordinati o colonizzati, che descrive la maggioranza del mondo, non
solo "laggiù", nei cosiddetti Paese poveri, in via di sviluppo,
arabi, ma anche "qui", nelle metropoli e nei paesaggi del Nord globalizzato.
Qui in Europa parliamo di minoranze e diversità, ma la verità è che le
minoranze dell'Occidente sono la maggioranza globale; la diversità è la nostra
norma».
Nel 2017 Museoteo+ ha presentato all’Istituto Italiano
di Cultura di Parigi la mostra Milano, Mondo, il cui tema principale era: «come
vengono percepiti il mondo contemporaneo e i suoi cambiamenti a partire da una
città come Milano?”. Sono stati presentati artisti che svolgono sia un lavoro relazionale
che identitario, che lasciano cioè tracce riconoscibili, se non indelebili, di
sé e del proprio operare, che parlano di viaggi, spostamenti e slittamenti e,
soprattutto, di persone, perché quello che interessa a Museoteo+ sono gli
incontri, le persone, le relazioni tra di loro e tra i luoghi - siano essi Milano, Shanghai, San Francisco,
Roma, Parigi, New York, Tokyo... - come già avvenuto appunto l’anno precedente
con la mostra Ma(n)gazine e il numero di Museo Teo Artfanzine dedicato al Giappone.
Si tratta solo di proseguire su questa linea.
Certo, la Biennale ha presentato il suo progetto poco
prima di noi (molto poco), ma non ci sentiamo minimamente in seconda fila,
visto che operiamo da sempre ai bordi del sistema dell’arte; i mezzi a
disposizione sono impari, ma il nostro progetto è sostenuto dalla rete di
relazioni creative che sappiamo creare e mantenere.
Giovanni Bai/Museoteo+
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